Essere medico può essere di grande soddisfazione.
Forse il più grande complimento che ho ricevuto nella mia vita mi è stato fatto quando avevo 44 anni da un uomo di 84 anni. Un giorno, al termine di una delle tante visite, mi ha detto: – Le confido dottore che quando vengo da lei provo la sensazione di tornare da mio padre. Lei mi ascolta, mi capisce e mi sento protetto.
Mi ha fatto pensare, anche se confesso di non aver subito compreso il senso di tale frase.
Ritengo che il ruolo più bello e importante sia fare il padre. Ho quattro figlie e questo ruolo lo conosco bene. Si chiama responsabilità. La responsabilità di dare un esempio affinché loro imparino a costruire un mondo d’amore, solidarietà, prosperità. Ci vuole impegno. Basta fare una scelta consapevole e applicare continuamente tutta la volontà per esserne conseguenti.
Donare sicurezza, piccole certezze, consolazione e di rimando essere amato incondizionatamente, significa essere un buon padre.
Non importa se ero tanto più giovane di quell’uomo che, purtroppo, ci ha lasciati.
Mi vedeva come padre solamente perché avevo agito con lui da medico.
Io voglio essere un medico, per scelta di vita, in ogni momento, senza distinzione tra ruolo pubblico e privato. Mi sforzo di essere un appiglio consolatore per chiunque incontro in affanno per le turbolenze della vita.
Quando una persona si ammala, specie di una malattia cronica dolorosa, riscopre molte paure e incertezze di quando era bambino. La scienza oggi propone terapie, importanti sicuramente, ma esse non sono mai una cura. I farmaci sono uguali per tutti, ma ogni persona è diversa. La diversità dipende in gran parte dal proprio vissuto, dal diverso modo di vivere la propria malattia nel contesto delle proprie abitudini, affetti, autostima.
Un medico che si vuole comportare da padre ascolta il proprio malato con partecipazione ed è capace di compassione. Applica le conoscenze della scienza, ma ne conosce i limiti ed agisce consapevolmente di conseguenza. Dare disponibilità ad essere contattato facilmente e favorire che questa persona si confronti con altre che hanno medesimi problemi può contribuire a ridurre le incertezze e le paure. Confessare di non sapere, ma garantire di fare ogni cosa per meglio capire, è onesto e rassicurante.
Questo vuol dire essere medico, non per diploma, ma per vocazione e impegno a resistere ad un mondo impersonale e complicato che spesso fa vacillare ogni buona volontà.
Per la soddisfazione di essere medico, l’umanizzazione della medicina dovrebbe essere un corso importante degli studi universitari in medicina.
Io sono la mente e il corpo è il veicolo per portarla in giro
Rita Levi MontalciniHo trovato il senso della mia vita aiutando altri a trovare il senso della loro vita
Viktor Frankl