QUESTO MANUALE SULLA FIBROMIALGIA E’ STATO REDATTO DALLA COMMISSIONE FORMAZIONE ED EDUCAZIONE DEL PAZIENTE della rete regionale per la presa in carico dei malati di Fibromialgia in Regione Lombardia.
Partecipanti:
- Roberto Gorla – Reumatologo – Coordinatore della Commissione
- Francesca Regola – Reumatologo
- Eleonora Pedretti – Reumatologo
- Monica Mazzone – MMG
- Mirko Scarsi – Reumatologo
- AISF: Giusy Fabio
- ALOMAR: Simonetta Panfi (segretaria della riunione)
- ABAR: Alessandra Sandrini
- CFU-Italia odv: Lucia Lovecchio
- LIBELLULA LIBERA: Francesco Piccerillo
INDICEDEGLI SCRITTI SULLA FIBROMIALGIA:
- DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIA
- Definizione
- Epidemiologia
- I SINTOMI
- Il dolore cronico (nociplastico)
- Il modello bio-psico-sociale
- Le ricadute mentali e la qualità di vita
- IL DECORSO
- LA DIAGNOSI
- Il ritardo della diagnosi
- TERAPIA E CURA
- Farmaci
- Esercizio fisico
- Alimentazione
- Psicoterapia
- Medicina complementare e igiene del sonno
- Partecipazione attiva: associazioni e volontariato
- IMPATTO DELLA FIBROMIALGIA NELL’AMBIENTE FAMILIARE E LAVORATIVO
- Ambiente familiare
- Problematiche lavorative
- FIBROMIALGIA IN MALATI ONCOLOGICI
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DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIA
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Definizione
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La Fibromialgia (FM), conosciuta anche come Sindrome Fibromialgica, è una condizione caratterizzata principalmente da dolore cronico diffuso di natura muscoloscheletrica, accompagnato da rigidità persistente che perdura per più di tre mesi. La FM può manifestarsi come una condizione primaria o essere correlata ad altre patologie, tra cui le malattie immunologiche, reumatologiche e oncologiche.
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Epidemiologia
La fibromialgia colpisce circa il 2-3% della popolazione, indipendentemente dall’etnia, e può manifestarsi in tutte le fasce d’età, compresa l’infanzia e l’adolescenza. Le donne hanno una probabilità significativamente maggiore di sviluppare la fibromialgia rispetto agli uomini, con un rapporto d’incidenza stimato intorno a 9:1 (F:M). In Italia, si stima che circa 2 milioni di persone siano affette da questa condizione.
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I SINTOMI
Oltre al dolore cronico, la fibromialgia è associata a una serie di sintomi tipici e comuni, tra cui disturbi del sonno caratterizzati da sonno non riposante, marcata affaticamento (astenia), episodi di cefalea o emicrania, formicolio agli arti (parestesie), sensazioni di bruciore in determinate zone della pelle, vertigini, tachicardia (aumento della frequenza cardiaca), sindrome del colon irritabile, cistiti interstiziali o sindrome dell’uretra irritabile, problemi di masticazione dovuti a disfunzioni dell’articolazione temporomandibolare (ATM), secchezza oculare, alterazioni visive, ipersensibilità olfattiva, acufeni, difficoltà di memoria e concentrazione, disturbi d’ansia, problemi miofasciali, sindrome delle gambe senza riposo, dismenorrea, vulvodinia e variazioni dell’umore come riduzione del tono dell’umore.
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Il dolore cronico (nociplastico)
Sebbene non sia nota la causa della Fibromialgia, nel corso degli ultimi anni sono state individuate numerose evidenze sulla perturbazione dei meccanismi di percezione del dolore. Nel 2021 è stata pubblicata su una prestigiosa rivista scientifica (The Lancet) una revisione sistematica delle evidenze scientifiche che hanno portato a coniare il termine di “dolore nociplastico” (distinto dal dolore nocicettivo da lesione tessutale o dal dolore neuropatico da lesione dei nervi) per interpretare il dolore diffuso percepito a tutto il corpo dai malati di FM.
Sono state identificate numerose “disfunzioni” sia a livello encefalico che a livello del midollo spinale e delle terminazioni sensitive periferiche. In particolare sono alterati i meccanismi inibitori della percezione del dolore e sono maggiormente attive le vie eccitatorie del dolore. Studi in Risonanza Magnetica Funzionale (elettroencefalogramma combinato con RMN) hanno dimostrato una maggiore estensione delle aree encefaliche “dolorose attivate” nei soggetti con FM, rispetto a soggetti non FM. Questi studi potrebbero in futuro portare allo sviluppo di terapie più efficaci sul dolore nociplastico.
Spiegato in modo semplice
Al momento il modo più semplice di spiegare al malato il dolore nociplastico è parlare di soglia del dolore. A partire dalla ”mappa della soglia del dolore” (tender points reattivi) che il reumatologo attua durante la visita, evocando dolore intenso per uno stimolo pressorio lieve, si può così definire l’alterazione delle soglie del dolore. Queste sono costituite da equilibri neuro-ormonali che a livello del sistema nervoso centrale regolano l’intensità percepita del dolore. Questi neuro-ormoni sono prevalentemente costituiti da Noradrenalina e serotonina, che in altre zone dell’encefalo regolano anche l’umore, l’ansia e lo stress. Infatti, viene definito dolore anche un lutto. I due sistemi (dolore del corpo e dolore affettivo) si influenzano.
Molto dolore persistente genera ansia e deflessione dell’umore, ma queste ricadute mentali alimentano anche una maggiore percezione del dolore. Si innesca un circuito vizioso che si auto-perpetua. Lo stress e l’ansia alterano il sonno che è uno dei momenti fondamentali di ripristino dei rapporti tra serotonina e noradrenalina. Inoltre ciò può rendere ragione della pletora di altri sintomi “neurovegetativi” che affliggono queste persone (stanchezza e fame di sonno, colon irritabile, parestesie, vertigini, cefalea, tachicardia, ecc)
Il malato che comprende questi meccanismi è più consapevole e motivato ad aderire al percorso di cura.
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Il modello bio-psico-sociale
L’interpretazione del dolore nociplastico è possibile solo applicando un modello bio-psico-sociale. Il soggetto che soffre di dolore cronico va considerato nella complessità del suo essere. Un conto è curare il dolore/malattia, un altro è curare la persona come entità mente-corpo.
Il benessere di una persona, sempre alterato nella Fibromialgia, comprende i sintomi, ma anche la sua storia, gli affetti familiari, le amicizie, il lavoro, la condizione economica, gli impegni quotidiani, le possibili barriere all’accesso alle cure, ecc. Ognuno di questi aspetti può aver determinato, alimentato ed interferire con un percorso di miglioramento complessivo.
Non può essere certamente un medico a determinare quei cambiamenti di vita volti al superamento degli stress pregressi e di quelli in atto, ma sicuramente un supporto dello psicoterapeuta e dell’associazionismo di volontariato possono contribuire fattivamente al raggiungimento dell’obiettivo.
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Le ricadute mentali e la qualità di vita
Quindi la Fibromialgia è un problema personale, familiare e sociale perché può alterare significativamente la percezione personale di benessere. Sarebbe semplicistico definire ansiosa e depressa una persona con FM, perché ciò insulterebbe il suo vissuto e le conseguenze del dolore cronico che gli ha avvelenato ogni ora della vita. Spesso l’incomprensione dei molteplici sintomi lamentati da queste persone, oltre ad indurre ansia, genera deflessione dell’umore dipendente dal non essere compresi nelle difficoltà quotidiane. Fatta eccezione per i casi in cui ansia e depressione sono addebitabili ad altri motivi precedenti la FM, asseriamo che per lo più ansia e depressione siano addebitabili direttamente alla Fibromialgia.
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IL DECORSO
La diagnosi di fibromialgia, spesso effettuata dopo anni dall’esordio dei sintomi, è complicata dalla difficoltà nel ricostruire la storia dei sintomi a lungo termine. Tuttavia, dall’anamnesi emerge un quadro in cui dolore, insonnia e stanchezza si sono progressivamente aggravati nel tempo, accompagnati dall’insorgere di altri sintomi; ciascun individuo affetto da fibromialgia presenta la propria esperienza unica. Nel corso del tempo, il dolore cronico sensibilizza la corteccia cerebrale sensitiva, trasformando il dolore localizzato in una sensazione diffusa. I disturbi del sonno, frequentemente interrotto dal dolore, causano affaticamento fisico e mentale, con conseguenti difficoltà di concentrazione, memoria e sonnolenza diurna. Si assiste inoltre all’aumentare della frequenza di mal di testa e vertigini, oltre alla comparsa di disturbi digestivi e intestinali come il colon irritabile.
Questa molteplicità di sintomi genera preoccupazione nei pazienti, alimentando ansia e il timore di una malattia non identificata. Sarebbe rilevante comprendere se il dolore cronico inizialmente localizzato (come lombalgia, cefalea/emicrania o endometriosi con dolore addominale) e fattori ambientali o psicologici come lo stress sociale o emotivo abbiano giocato un ruolo predominante nelle prime fasi della malattia ora diagnosticata. È importante indagare su quanto tempo sia trascorso prima che il dolore localizzato si diffondesse e quanto l’ansia legata alla mancata diagnosi e alla mancanza di sostegno da parte della famiglia, del lavoro e talvolta dei medici abbia influenzato l’aggravarsi dei sintomi. Rispondere a queste domande è cruciale, poiché al momento della diagnosi si riscontra quasi sempre un elevato livello di ansia e, naturalmente, una moderata depressione dell’umore.
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LA DIAGNOSI
La diagnosi di fibromialgia si avvale di specifici strumenti, come il Widespread Pain Index (WPI), la scala Symptom Severity (SS), e il Fibromyalgia Impact Questionnaire (FIQ), insieme ad altri test per valutare il grado di depressione, ansia e qualità del sonno.
La corretta diagnosi è fondamentale per la successiva presa in carico del paziente e per un efficace approccio terapeutico volto a migliorare la sua condizione, avviando un trattamento multidisciplinare e migliorando la qualità della vita attraverso un percorso di miglioramento che comprende esercizio muscolare, psicoterapia, igiene del sonno e farmaci specifici
È importante esercitare cautela nella diagnosi, evitando di attribuire automaticamente alla fibromialgia sintomi che potrebbero avere altre cause. Il medico reumatologo dovrebbe ascoltare attentamente la storia del paziente con empatia, e insieme costruire un rapporto di fiducia che favorisca un percorso di cura centrato sul paziente (partecipazione motivata del paziente) anziché solo sulla terapia farmacologica.
La diagnosi di fibromialgia è una diagnosi clinica, fatta dal medico basandosi su anamnesi, segni e sintomi riportati dal paziente. Non esistono test di laboratorio o di imaging radiologico in grado di effettuare la diagnosi. Durante l’esame obiettivo il medico evidenzierà la presenza di dolore alla pressione su numerosi punti diffusi in tutto il corpo, i cosiddetti tender points.
I questionari utilizzati confermano la diagnosi e permettono di valutare la gravità della fibromialgia. Compilati nel tempo, questi questionari consentono anche di monitorare il progresso del trattamento e di valutare eventuali miglioramenti nel corso del percorso terapeutico.
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Il ritardo della diagnosi
Nella fibromialgia non vi sono alterazioni specifiche documentabili attraverso esami ematici, radiologici e strumentali. La diagnosi è inoltre resa difficoltosa dall’estrema varietà nei sintomi che avverte il paziente, apparentemente scollegati fra loro, che spesso hanno comportato l’esecuzione di un elevato numero di visite specialistiche ed esami eseguiti negli anni senza il raggiungimento di una diagnosi.
Questi sono i principale motivi di un importante ritardo diagnostico, in media tra i 5 e gli 8 anni. Il ritardo diagnostico pone questi malati in una condizione di sfiducia nei confronti dei medici, accusati spesso di non credere ai sintomi lamentati, ed innesca processi di autodiagnosi. Il paziente è quindi portato ad ipotizzare la presenza di malattie generalmente gravi, come tumori, sclerosi multipla o SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica). I timori per il futuro generano ansia e sconforto, che determinano e/o aggravano lo stato depressivo.
Il momento della diagnosi, generalmente, viene dal paziente considerato come “liberatorio”, coincidendo con l’inizio di un “percorso di consapevolezza” dove “finalmente i conti tornano”, spesso dopo molti anni di inspiegata sofferenza.
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TERAPIA E CURA
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Farmaci
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La vera cura della fibromialgia è l’avvio di un percorso comportamentale caratterizzato dalla comprensione della patologia e dalla partecipazione attiva del paziente.
La gestione farmacologica della fibromialgia richiede un approccio personalizzato da parte del medico, tenendo conto che i farmaci da soli non risolvono completamente i sintomi ma possono essere utili per avviare il percorso comportamentale e favorire la partecipazione del paziente.
La selezione dei farmaci e la loro durata sono decisioni importanti che spettano al medico, il quale è tenuto a informare il paziente e coinvolgerlo nella scelta.
Tra i farmaci più efficaci nel trattamento del dolore fibromialgico vi sono quelli che agiscono sul Sistema Nervoso Centrale (SNC), come gli antidepressivi (come duloxetina, venlafaxina, amitriptilina), i miorilassanti e gli anticonvulsivanti.
Anche gli oppioidi (come tramadolo e codeina con paracetamolo) possono essere utili per il dolore, ma è importante notare che spesso non sono ben tollerati e richiedono cautela nella prescrizione.
Farmaci che favoriscono il sonno profondo e il rilassamento muscolare, come gli antidepressivi triciclici (ad esempio amitriptilina) e gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) (come paroxetina, duloxetina), insieme ad altri farmaci con azione miorilassante (come ciclobenzaprina), sono spesso prescritti a bassi dosaggi per migliorare la qualità del sonno.
La melatonina è un’altra opzione spesso utile per migliorare il sonno nei pazienti con fibromialgia. È importante notare che molti pazienti non presentano solo difficoltà ad addormentarsi, ma soffrono anche di sonno frammentato, rendendo inefficaci gli ipnoinduttori e aumentando il rischio di dipendenza.
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Esercizio fisico
Uno degli obiettivi fondamentali nel trattamento non farmacologico della fibromialgia è l’adozione di tecniche di stretching muscolare e di allenamento graduale dei muscoli, oltre all’aumento progressivo della capacità cardiovascolare (aerobica). L’esercizio aerobico è risultato particolarmente efficace per i pazienti con fibromialgia. Anche se il paziente può inizialmente essere riluttante a impegnarsi nell’attività fisica a causa del dolore e della stanchezza, gli esercizi aerobici a basso o nullo impatto, come camminare, andare in bicicletta, nuotare o fare esercizi in acqua calda, rappresentano generalmente il modo migliore per avviare un programma di esercizi.
È essenziale esercitarsi regolarmente, ad esempio alternando i giorni di allenamento, e aumentare gradualmente l’attività fisica per migliorare il livello di fitness. È importante anche dedicare del tempo allo stretching dei muscoli e alla mobilizzazione articolare prima e dopo gli esercizi aerobici per prevenire lesioni e migliorare la flessibilità.
Consultare un terapista della riabilitazione può essere utile per sviluppare un programma di esercizi personalizzato che miri a migliorare la postura, la flessibilità e la forma fisica. Esistono numerosi tipi di corsi di ginnastica adattabili alle esigenze dei pazienti con fibromialgia, tra cui yoga, Tai Chi, biodanza e percorsi termali. La scelta del tipo di attività da intraprendere deve essere fatta esclusivamente dal paziente fibromialgico, considerando i benefici personali e le proprie capacità motorie.
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Alimentazione
Non esiste una dieta specifica per la fibromialgia, ma l’alimentazione svolge un ruolo cruciale per una condizione caratterizzata da dolore e stanchezza muscolare. Recenti studi hanno posto attenzione alle variazioni del microbiota intestinale nel mantenimento dei sintomi della fibromialgia. Nella popolazione affetta da fibromialgia c’è un’alta incidenza di varie intolleranze alimentari, come quelle al frumento, al nichel, ecc. Per affrontare queste intolleranze, le cosiddette “diete di evitamento” possono risultare utili. Analogamente numerosi pazienti affetti da FM hanno riferito un miglioramento dei sintomi nel corso di diete a basso contenuto di grassi e zuccheri.
I consigli alimentari utili per i pazienti affetti da fibromialgia possono essere riassunti nei seguenti punti:
– Ridurre al minimo l’assunzione di zucchero, in particolare quello bianco e raffinato presente in dolci, merendine e marmellate industriali. È preferibile utilizzare zucchero di canna non raffinato.
– Una dieta controllata, con un adeguato apporto di proteine vegetali e animali e un basso consumo di carne rossa, è favorevole data la limitata capacità di drenaggio delle tossine nei tessuti dei pazienti con fibromialgia. Fonti di proteine animali consigliate includono pesce, pollame, coniglio, uova, latticini e formaggi, a meno che non vi siano intolleranze al lattosio o problemi di colesterolo alto.
– Consumare una varietà di frutta e verdura fresca di stagione, preferibilmente biologica, per il loro contenuto di vitamine antiossidanti e sali minerali.
– Favorire l’assunzione di cereali integrali come pasta integrale, riso e farro, privilegiando cereali antichi o pseudocereali con basso contenuto di glutine. In caso di disturbi gastrointestinali, introdurre gradualmente nella dieta questi alimenti, con tempi di cottura più lunghi e condire con olio d’oliva e erbe aromatiche. Limitare o evitare il consumo di solanacee come pomodori, melanzane, patate e peperoni, poiché possono causare reazioni d’intolleranza alimentare con sintomi a livello muscolare.
– Ridurre l’assunzione di sale per prevenire ritenzione idrica ed edemi, comuni nella fibromialgia. Per lo stesso motivo, bere molta acqua, tisane e infusi invece di bevande zuccherate e succhi di frutta. Limitare il consumo di caffè e tè, preferendo il tè verde, l’orzo o il malto. Un bicchiere di vino rosso durante i pasti non ha controindicazioni ed è benefico per le sue proprietà antiossidanti, mentre è consigliabile evitare superalcolici.
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Psicoterapia
Il dolore cronico che caratterizza una significativa percentuale di pazienti affetti da fibromialgia può generare un forte stato d’allarme e ansia, portando a pensieri negativi come la catastrofizzazione e la sensazione di impotenza. In tali situazioni, la terapia cognitivo-comportamentale si presenta come una scelta altamente raccomandata per contrastare questi pensieri disfunzionali e ridurre la sintomatologia ansioso-depressiva.
Gli studi scientifici condotti in Italia e all’estero su campioni di pazienti con fibromialgia hanno dimostrato che la terapia cognitivo-comportamentale può aiutare tali pazienti in diversi modi:
– Favorisce la consapevolezza e il monitoraggio delle interazioni tra pensieri, sentimenti, sintomi e comportamenti sociali e relazionali.
– Insegna tecniche corporee e non, come il problem-solving, il rilassamento e la respirazione, e le tecniche di visualizzazione.
– Promuove lo sviluppo di strategie per richiedere aiuto e supporto e per comunicare in modo assertivo.
L’accettazione del dolore rappresenta la chiave per andare avanti, e grazie a queste tecniche è possibile riacquistare una vita familiare normale e tornare al lavoro. È importante imparare a convivere con il dolore cronico senza farsi scoraggiare, poiché è possibile trovare sollievo e miglioramento della qualità della vita.
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Medicina complementare e igiene del sonno
Tra le terapie non convenzionali per la fibromialgia, gli integratori dietetici, il biofeedback, lo shiatzu, l’agopuntura e la terapia iperbarica possono contribuire positivamente alla riduzione dei sintomi del paziente.
Analogamente, una corretta igiene del sonno è fondamentale come presupposto essenziale per migliorare la qualità della vita, indipendentemente dall’adozione di altri approcci terapeutici.
Ecco alcune “regole di igiene del sonno” da seguire:
– Andare a letto solo quando si ha realmente sonno. L’insistere nel cercare di dormire senza sentirne il reale bisogno può aumentare il livello di arousal, ovvero l’eccitazione psicofisiologica che ostacola il sonno.
– Associare il letto esclusivamente al sonno e creare routine pre-addormentamento. Prima di coricarsi, è importante svolgere attività che segnalino alla mente che è giunto il momento di dormire, come prepararsi per la notte e stabilire una routine rilassante.
– Mantenere orari regolari per andare a letto e svegliarsi. Cercare di rispettare gli stessi orari di sonno ogni giorno, inclusi i fine settimana.
– Evitare i sonnellini diurni, poiché possono ridurre la propensione a dormire durante la notte.
– Limitare l’assunzione di alcolici e di sostanze eccitanti come caffè, tè, cioccolato e bevande zuccherate nelle ore precedenti il sonno.
– Evitare di fumare nelle ultime ore prima di coricarsi.
– Ridurre il consumo eccessivo di liquidi prima di andare a letto per evitare risvegli notturni causati dalla necessità di urinare.
– Evitare l’esercizio fisico intenso nelle ore precedenti il sonno, poiché può aumentare l’eccitazione e ritardare l’addormentamento.
– Assicurarsi che la camera da letto sia oscura, silenziosa e a una temperatura confortevole, né troppo calda né troppo fredda.
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Partecipazione attiva: associazioni, gruppi di supporto e volontariato
Più il paziente è ben informato sulla fibromialgia e cerca di adattarsi alla malattia, migliore è la prognosi. I gruppi di supporto fisici e online, le pubblicazioni scientifiche e i siti web delle associazioni rappresentano importanti fonti di informazione per molti pazienti. Sapere di non essere soli può essere una fonte di conforto e di preziose informazioni.
Il volontariato presso un’Associazione di persone affette da fibromialgia è un’esperienza preziosa che porta benefici sia al paziente stesso che agli altri. Le ricerche dimostrano che dedicarsi al volontariato offre vantaggi significativi:
– Coinvolgimento di persone affette dalla stessa patologia: essere attivo in un’Associazione permette di sostenere una causa che sta a cuore. Il coinvolgimento può ispirare altre persone a partecipare attivamente, anche solo per poche ore alla settimana.
– Benefici per il benessere personale: il volontariato ha un impatto positivo sulla percezione di energia, autostima e umore. Contribuire al benessere degli altri riempie di gratificazione e fa sentire utile e apprezzato.
– Nuove amicizie e legami autentici: il volontariato offre l’opportunità di fare nuove amicizie, basate su esperienze e ideali condivisi, creando legami profondi e duraturi nel tempo.
– Aumento della fiducia in se stessi: contribuire attivamente a un’Associazione migliora l’autostima e permette di acquisire nuove competenze attraverso l’esperienza pratica.
– Diffusione di gentilezza e cortesia: gentilezza e cortesia verso gli altri sono contagiose. Il comportamento positivo può ispirare gli altri a seguire l’esempio, creando un effetto a catena di benevolenza.
– Conoscenza approfondita dell’Associazione: essere volontario offre l’opportunità di conoscere l’Associazione da ogni angolazione, incluse tutte le attività che l’associazione svolge a favore dei pazienti.
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L’IMPATTO DELLA FIBROMIALGIA NELL’AMBIENTE FAMILIARE E LAVORATIVO
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Ambiente familiare
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La fibromialgia esercita un impatto significativo sulla vita quotidiana, influenzando sia l’ambiente familiare che quello lavorativo.
L’impatto della FM sulla vita familiare è evidente, con il 23% dei pazienti che riporta bassi livelli di soddisfazione nella vita familiare e il 59% che affronta difficoltà nelle relazioni di coppia. Questi dati evidenziano la necessità di comprensione e supporto sia a livello familiare che lavorativo per chi vive con la fibromialgia.
Il benessere familiare è influenzato dal dolore e dalla disabilità fisica dei pazienti. Chi sperimenta maggior dolore e disabilità mette più pressione sui familiari e percepisce meno supporto. Inoltre, molti pazienti lamentano la mancanza di comprensione da parte dei propri partner o figli.
La dipendenza dai familiari per le attività domestiche è un aspetto significativo, con il 44% dei pazienti che dichiara di dipendere da un membro della famiglia. Ciò ha portato al 27% dei familiari a dover modificare le proprie attività lavorative, con un impatto negativo sulle dinamiche familiari.
È importante che i programmi di trattamento considerino come alleviare il peso sui familiari e aumentare il supporto da parte dei servizi sociali.
L’impatto sul lavoro e sui cambiamenti nella vita familiare porta a perdite finanziarie importanti. I familiari dei pazienti con FM affrontano spese extra e perdita di reddito, indicando che i costi finanziari sono più elevati di quanto si pensasse inizialmente.
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Problematiche lavorative
Approssimativamente la metà dei pazienti con FM perde la capacità di svolgere un lavoro. Attualmente, solo il 34% di essi è attivo sul fronte lavorativo, mentre il 23% si trova in una situazione di incertezza, con congedi per malattia o disoccupazione.
Le donne affette da FM riportano una serie di problemi relativi al lavoro, inclusi orari non idonei, limitata progressione di carriera, scarsa consapevolezza della malattia da parte di colleghi e superiori, e difficoltà di concentrazione che riducono la produttività. Queste sfide rendono difficile mantenere un’occupazione e portano spesso ad assenze frequenti dal lavoro. Le persone con FM impiegate tendono a prendere congedi per malattia in misura tre volte superiore rispetto ai lavoratori non affetti da questa patologia.
Le assenze per malattia sono comuni tra i pazienti con FM, con circa la metà che ha sperimentato episodi ricorrenti negli anni, soprattutto coloro che alla fine perdono la capacità di lavorare. Anche se la maggior parte dei pazienti informa il datore di lavoro della propria condizione (63%), solo il 30% ha accesso a regolamenti lavorativi adattati alle proprie esigenze.
Spesso le persone con fibromialgia si domandano: “io posso lavorare?” Le persone con fibromialgia possono lavorare, ma potrebbero necessitare di modifiche al posto di lavoro. Ecco un riassunto delle modifiche consigliate:
– Comunicazione aperta: parlare con il datore di lavoro e i colleghi riguardo alla tua condizione.
– Flessibilità oraria: chiedere orari flessibili o possibilità di lavorare da casa quando ammissibile.
– Riduzione dello stress: ridurre le fonti di stress sul lavoro.
– Pausa e riposo: organizzare pause durante la giornata lavorativa.
– Eliminazione delle distrazioni: creare un ambiente di lavoro tranquillo e privo di distrazioni.
– Supporto dei colleghi: chiedere il supporto e la comprensione dei colleghi.
– Gestione delle attività: utilizzare liste di cose da fare e istruzioni scritte.
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FIBROMIALGIA IN MALATI ONCOLOGICI
La fibromialgia non aumenta il rischio di sviluppare una malattia oncologica ma molto frequentemente una patologia neoplastica può innescare o slatentizzare una fibromialgia. Infatti, le disfunzioni funzionali e strutturali dell’apparato muscolo scheletrico nelle persone con neoplasie sono ben documentate. In particolare, è stata dimostrata una più alta incidenza di FM nelle pazienti affette da tumore al seno, pur essendo i dati sulla prevalenza molto eterogenei a causa della varietà di termini utilizzati (come sindromi miofasciali, dolore muscoloscheletrico cronico diffuso, ecc) e criteri diagnostici usati. Si è osservato che i sintomi muscoloscheletrici possono manifestarsi sia dopo la diagnosi di tumore che durante o subito dopo trattamenti come chemioterapia, radioterapia o terapia farmacologica.
È quindi possibile che tali sintomi siano correlati anche alla terapia antitumorale e non solo alla neoplasia stessa. Va inoltre sottolineato che la diagnosi di una patologia oncologica spesso comporta per il paziente lo sviluppo di uno stato ansioso-depressivo che può correlarsi con l’esordio di una fibromialgia o una riacutizzazione della stessa.